La risposta della redazione.
Possiamo immaginare che il tipo di taglio eseguito sia la consueta
«capitozzatura» (vedi foto in alto), ovvero l’asportazione periodica (generalmente una volta l’anno) di tutta la vegetazione in un preciso punto, di norma a 1,5-2 metri da terra. Il taglio dei rami ben si adatta a specie come il salice e il gelso per la loro capacità di cicatrizzare i tagli di potatura, ma viene spesso applicata anche su platano e pioppo.

Molti regolamenti di polizia forestale la citano, rendendola quindi possibile come tipo di potatura su determinate specie forestali. Se di norma l’abitudine è di tagliare tutta la vegetazione in una volta sola, nulla vieta di posticipare alcuni tagli, distribuendo il prelievo in 2-3 anni. In questo modo si ha una sorta di rotazione, come se venisse applicato il cosiddetto taglio
«a sterzo» (vedi disegni a sinistra), che permette di avere dallo stesso albero rami con diametri diversi, ciascuno adatto a uno specifico e differente utilizzo: rami di un anno per legature e cesti in vimini; di due anni per l’uso nell’orto o per sostegni leggeri; di tre anni per pali più robusti o legna da ardere. La scelta da effettuare è dunque in funzione delle necessità e dell’utilizzo che meglio si adatta alle esigenze del lettore.
Nel disegno a lato: schema esemplificativo del taglio «a sterzo» per ottenere paleria di diversi diametri nella stessa annata. Si noti l’aspetto della ceppaia prima del taglio (a sinistra) e dopo il taglio (a destra) con un turno fissato in 10 anni