È sconsigliato utilizzare l'acqua degli scarichi della cucina e bagno per l’irrigazione dell’orto perché queste acque contengono elementi che possono essere accettati dalle colture fino al raggiungimento di determinati valori: cloro 200 mg/litro; sodio 200 mg/litro; grassi 80 mg/litro; solventi 1 mg/litro. Pertanto, a parte le difficoltà di stabilire se le acque da impiegare sono in regola con i limiti esposti, l’uso continuo ed esclusivo di tali acque è da escludersi (non esisterebbero altrimenti le fognature, i vari tipi di fosse dette biologiche, la separazione delle acque chiare o bianche da quelle scure). L’uso di acque di cucina e bagno potrebbe invece essere tollerato (per gli ortaggi solo in casi estremi, escludendo quelli da foglia e da consumare crudi) se intercalato a cicli di irrigazione con acque normali o meglio se si fraziona un ciclo irriguo con i due tipi di acque facendo seguire alla distribuzione di acque reflue quella di acque pulite. Solo dopo appropriata depurazione (biologica, chimica, decantazione, filtrazione, continui controlli dei parametri fisico-chimico-biologici previsti dalle norme di legge) le acque reflue per usi civili si potrebbero adoperare in agricoltura, specialmente per grandi colture (per esempio il mais o i prati), usandole invece con molta prudenza – o non utilizzandole – per prodotti destinati al consumo diretto come ortaggi e frutta. I trattamenti depurativi non sono normalmente convenienti a livello domestico. Comprendiamo come in molte zone vi sia una forte difficoltà a procurarsi acqua; ma perché usare quella degli scarichi provenienti da cucina e bagno che ha controindicazioni igieniche e invece non «organizzare» per le piccole superfici la raccolta dell’acqua di lavaggio di ortaggi e frutta o dell’acqua piovana dai tetti delle nostre case tanto spesso trascurata?
Acqua degli scarichi di cucina e bagno per irrigare l’orto? Meglio di no
È sconsigliato utilizzare l'acqua degli scarichi della cucina e bagno per l’irrigazione dell’orto perché queste acque contengono elementi che possono essere accettati dalle colture fino al raggiungimento di determinati valori: cloro 200 mg/litro; sodio 200 mg/litro; grassi 80 mg/litro; solventi 1 mg/litro. Pertanto, a parte le difficoltà di stabilire se le acque da impiegare sono in regola con i limiti esposti, l’uso continuo ed esclusivo di tali acque è da escludersi (non esisterebbero altrimenti le fognature, i vari tipi di fosse dette biologiche, la separazione delle acque chiare o bianche da quelle scure). L’uso di acque di cucina e bagno potrebbe invece essere tollerato (per gli ortaggi solo in casi estremi, escludendo quelli da foglia e da consumare crudi) se intercalato a cicli di irrigazione con acque normali o meglio se si fraziona un ciclo irriguo con i due tipi di acque facendo seguire alla distribuzione di acque reflue quella di acque pulite. Solo dopo appropriata depurazione (biologica, chimica, decantazione, filtrazione, continui controlli dei parametri fisico-chimico-biologici previsti dalle norme di legge) le acque reflue per usi civili si potrebbero adoperare in agricoltura, specialmente per grandi colture (per esempio il mais o i prati), usandole invece con molta prudenza – o non utilizzandole – per prodotti destinati al consumo diretto come ortaggi e frutta. I trattamenti depurativi non sono normalmente convenienti a livello domestico. Comprendiamo come in molte zone vi sia una forte difficoltà a procurarsi acqua; ma perché usare quella degli scarichi provenienti da cucina e bagno che ha controindicazioni igieniche e invece non «organizzare» per le piccole superfici la raccolta dell’acqua di lavaggio di ortaggi e frutta o dell’acqua piovana dai tetti delle nostre case tanto spesso trascurata?
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