Inerbimento del vigneto: quali consigli

Interfilare di un vigneto
Vigneto
la Redazione
Gradirei un vostro consiglio in merito all’opportunità di inerbire un vigneto. Il terreno di media pendenza, esposto a sud, è suddiviso in zone con muretti a secco e attualmente viene tenuto pulito con fresature che eseguo personalmente con un trattorino gommato. Oltre alla difficoltà delle lavorazioni, il terreno di origine vulcanica, abbastanza sciolto, con i primi temporali di fine estate viene puntualmente trascinato a valle. È disponibile acqua per eventuali irrigazioni.
La risposta della redazione.
La gestione del suolo nel vigneto non segue più certe tecniche tradizionali, che vedevano nella lavorazione superficiale continua la formula ottimale di gestione. E questo sia per motivi economici (il gasolio inizia a diventare una voce rilevante), che gestionali (la lavorazione richiede molte ore di lavoro), che agronomici, ascrivibili alla perdita lenta ma continua di sostanza organica. Ci sono poi aspetti funzionali: nei terreni lavorati, dopo le piogge occorre aspettare tempi piuttosto lunghi di rientro in campo con le macchine operatrici. Ciò può ostacolare sia la fruibilità sia alcune pratiche che richiedono tempestività (trattamenti antiparassitari). L’erosione indotta dalle piogge priva poi il terreno dello strato più fertile. E questo rappresenta un danno sia per la proprietà che per la collettività che troverà fossi colmi di terriccio ed acque superficiali arricchite di nitrati e fosfati, sostanze che sono risorse nutrizionali per le piante all’interno del vigneto ma contaminanti se libere nelle acque. Attuare l’inerbimento permanente è facile nell’arco alpino fino a tutta la Pianura Padana. Ma entrando in un clima più tipicamente mediterraneo, la qualità e la stagionalità delle piogge cambiano in modo sensibile, inducendo sia possibili problemi di competizione tra coltura erbacea di copertura e coltura arborea, sia problemi d’insediamento e di durata della prima. La possibilità di irrigare può risolvere egregiamente alcuni aspetti, ma le regole generali valgono. È necessario quindi scegliere forme d’inerbimento adatte all'ambiente. Le più ovvie sono quelle stagionali, autunno-invernali, eseguite magari con specie a sovescio quali favino o pisello proteico. Che però non riparano a sufficienza dai rischi d’erosione. Sono molto interessanti e danno ottimi risultati le coperture del suolo effettuate con cereali, avena e triticale in particolare. Queste colture si sfalciano, o meglio si trinciano, quando sono in fase di botticella. Lasciano una buona copertura del terreno e le radici fascicolate ostacolano i fenomeni erosivi. Passando a inerbimenti di maggior durata, sono interessanti i risultati che si ottengono con specie autoriseminanti (tipo trifoglio sotterraneo) o con mediche annuali. Queste specie vegetano nelle stagioni fresche e si autorigenerano spontaneamente dopo l’estate. Va detto però che i risultati non sempre sono quelli desiderati, dal momento che i trifogli sono piuttosto selettivi in fatto di terreno e l’efficienza dell’autorisemina dipende molto da varietà e ambiente. Per concludere, nel caso qui preso in considerazione, consigliamo al lettore, per iniziare l’inerbimento del vigneto, di testare miscele contenenti, per esempio, festuca rubra, festuca ovina e festuca arundinacea (quest’ultima in dose non superiore al 25%), con l’aggiunta di un 20% di trifoglio sotterraneo.

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