Calendimaggio, antico legame con la natura

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la Redazione
1 maggio 2020

Innumerevoli riti legati alla rinascita della vita e della natura si sono tramandati dall'epoca pagana fino ai giorni nostri. Tra questi, il Calendimaggio ricalca la festa celtica di Beltane

La bella stagione solitamente porta con sé innumerevoli riti, popolari e religiosi, legati alla rinascita della vita e della natura, che trovano il loro apice nel mese di maggio. Dall’epoca pagana fino ai giorni nostri, la primavera è per eccellenza il tempo dell’amore, che si celebra attraverso una ritrovata simbiosi dell’uomo con la natura. In questo caso, i gesti e le consuetudini proprie di questo periodo dell’anno, che si tramandano fin dall’antichità e che in molte zone d’Italia sono ancora vivi, traggono la loro origine dalle usanze dei Celti, popolazione che ebbe il suo massimo splendore nel IV-III secolo a. C.

Il Calendimaggio (da calende di maggio) ricalca proprio la festa celtica di Beltane, che cadeva il primo maggio e celebrava il Sole trionfante attraverso riti arborei. Presso i Celti gli alberi erano assimilabili a divinità e come tali venivano rispettati e sacralizzati. Caratteristica comune ad altri momenti rituali dell’anno, anche questa festa prevedeva, nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio, il contatto con il mondo dei morti, che tornavano per proteggere le proprie famiglie e per benedire i raccolti. Si celebravano anche i riti della fertilità e si festeggiava con danze e banchetti. La cristianizzazione, che assegnò la festività a Santa Valpurga (Wessex 710 – Heidenheim 779), non riuscì a estirpare del tutto gli antichi riti pagani, nonostante l’imposizione di celebrazioni religiose atte a scacciare streghe e spiriti maligni. I culti arborei rimasero pertanto nella tradizione del Calendimaggio, che prevedeva la scelta di un albero nei boschi, da portare poi al centro del paese ben addobbato con fiori, nastri e cibo, attorno al quale poi si tenevano gioiosi balli e danze: ecco l’albero di maggio o albero della cuccagna, che in molti casi divenne la più ortodossa croce di maggio.

Anche i balconi e le finestre delle case venivano decorati con fiori e ramoscelli e spesso anche le strade erano abbellite con tappeti floreali. In diversi luoghi d’Italia è rimasta l’usanza dell’albero della cuccagna, attorno al quale si danzava e si intonavano canti, mentre i più giovani vi si arrampicavano per conquistare le leccornie appese. Fronde di arbusti fioriti venivano offerte dai ragazzi alle giovani come promessa d’amore, o ancora, erano il dono beneaugurante che i questuanti portavano di casa in casa per ottenere in cambio beni in natura o denaro.

Per quest’anno, a causa dell’emergenza da Covid-19, molte comunità dovranno rinunciare alla rievocazioni di quelle feste e quei riti che ancora, normalmente, si svolgono. È forse questo un motivo in più per ricordarli e sperare di riviverli nel 2021.

Celebri sono rimaste, in Toscana, le feste goliardiche del Calendimaggio, in particolare a Firenze, dove il carro del «Trionfo d’amore» sfilava per le vie della città accompagnato dai canti delle fanciulle, che inneggiavano a maggio, e dal corteo dei fanciulli, che agitavano rami fioriti.

Quando la Chiesa volle soffocare queste usanze pagane, ebbero luogo i cosiddetti «Maggi drammatici», durante i quali si inscenava la lotta tra il bene e il male impersonando eserciti cristiani e turchi che combattevano, richiamando in questo modo anche la vittoria della primavera sull’inverno. Tra le feste di questo genere, ancora oggi molto sentite, citiamo il Calendimaggio di Assisi, celebre perché ancora molto amato e partecipato dalla popolazione locale, ma di notevole richiamo anche per i turisti.

Un cono ricoperto di fiori, fave ed erba è la cosiddetta «Pagliara maje maje» di Fossalto, in provincia di Campobasso. Un rito propiziatorio di origine antichissima che vede la personificazione del maggio proprio nel cono costruito con rami e rivestito di erbe e di fiori e sulla cui sommità è posta una croce, anch’essa ottenuta con fiori. La Pagliara — che in questo articolo possiamo osservare nelle foto di Pasquale Zeoli scattate durante l’edizione del 2019 — viene letteralmente indossata da un uomo, forse rappresentante il capro espiatorio della comunità. Accompagnata da un suonatore di zampogna e da un cantore, la Pagliara gira per tutto il paese annunciando l’arrivo del maggio; soffermandosi di tanto in tanto sotto i balconi delle case che si affacciano sulla strada, viene accolta da getti di acqua fredda al grido «rascia, Maje!», cioè «abbondanza, maggio!».

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A causa dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo per coronavirus Covid-19, tutti gli eventi di piazza sono annullati. Maggio però si è appena aperto e, lo stesso, possiamo augurarci che il raccolto nei campi sia buono e abbondante.

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