Rete Natura 2000, circuito ecologico che protegge e tutela l’ambiente

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la Redazione
15 maggio 2023

Nata nel 1979 a livello europeo con la prima direttiva, Rete Natura 2000 è la paladina della biodiversità, finalizzata al mantenimento di 27.732 ambienti naturali e alla protezione di circa 1.000 specie di piante e di animali minacciati di estinzione

Ciascuno di noi, anche se non lo sa, ha una conoscenza diretta di Rete Natura 2000, il circuito europeo della biodiversità, denominazione che potrebbe risultare sconosciuta. In ogni caso, alzi la mano chi non ha mai sentito parlare, per esempio, di Stupinigi e della Collina di Superga (Piemonte), oppure del Parco di Portofino (Liguria), dell’Adamello (Lombardia-Trentino), della Marmolada (Veneto-Trentino), del Carso Triestino e Goriziano (Friuli-Venezia Giulia), delle Valli di Comacchio (Emilia Romagna), dell’Isola di Montecristo (Toscana), dei laghi Trasimeno (Umbria) e Bolsena (Lazio), del Gran Sasso (Abruzzo), della Costiera Amalfi tana (Campania), della Foresta Umbra (Puglia), delle Isole Egadi (Sicilia) o dell’Arcipelago della Maddalena (Sardegna).

Si tratta solamente di alcuni dei 2.609 siti di Rete Natura 2000 in Italia, estesi per circa il 19% del territorio nazionale, che fanno parte della rete europea costituita da ben 27.732 luoghi, finalizzata al mantenimento degli ambienti naturali e alla difesa delle specie di flora e fauna minacciate di estinzione (o che sono rare). Secondo il Barometro Natura, che è lo strumento di aggiornamento dei dati di sintesi dell’evoluzione di Rete Natura 2000 – disponibile per la consultazione all’indirizzo internet http://ec.europa.eu/environment/nature/info/pubs/natura2000nl_en.htm e prodotto dalla Direzione generale Ambiente della Commissione europea, con il contributo dell’Agenzia europea dell’Ambiente – l’estensione di Rete Natura 2000 nei 28 Stati membri, a febbraio 2018, era pari a 1.234.314 chilometri quadrati, con incidenza del 18,17% sulla superficie terrestre degli stessi 28 Stati. Purtroppo la medesima edizione di Barometro Natura, aggiornata a febbraio 2018, non indica l’incidenza sulla superficie marina, ma si presume che si tratti di un dato percentualmente meno significativo. Per esempio, secondo il Ministero italiano dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’incidenza dei siti marini Rete Natura 2000 in Italia sarebbe dell’ordine del 4%.

Nel 1979 prende avvio la prima direttiva di protezione ecologica

L’avvio di tale imponente rete ecologica risale all’approvazione della direttiva Habitat, la n. 92/43/CEE adottata il 21 maggio 1992 dal Consiglio europeo che, secondo la sua stessa denominazione, è riferita alla conservazione degli habitat naturali e semi-naturali, della flora e della fauna selvatiche. L’articolo 3 della direttiva ha da subito chiarito che Rete Natura 2000 comprende anche le Zone di protezione speciale (in sigla Zps), classificate dagli Stati membri ai sensi della direttiva Uccelli selvatici, la n. 79/409/CEE, approvata dal Consiglio europeo il 2 aprile 1979, che tratta proprio della conservazione di uccelli selvatici come il picchio cenerino, il picchio tridattilo, quello rosso mezzano nonché il nero, il falco pellegrino, quello pescatore, ma anche lo smeriglio e il pecchiaiolo, insieme a tante altre specie come il gipeto (avvoltoio di grandi dimensioni), la civetta nana, la pernice bianca, il tarabusino, l’averla piccola, il nibbio bruno e il nibbio reale. In conseguenza si può ritenere che la costituzione della Rete europea Natura 2000, nei fatti, ha preso avvio nel 1979, pur essendo stata formalizzata solo nel 1992.

Rete Natura 2000 è suddivisa in zone

L’importante circuito a tutela della biodiversità, una sorta di moderna Arca di Noè che raccoglie le zone individuate dagli Stati membri, è costituito:

  • dalle Zone di protezione speciale (in sigla Zps) determinate in relazione alla direttiva Uccelli selvatici;
  • dalle Zone speciali di conservazione (in sigla Zsc) definite per la direttiva Habitat.

Secondo il citato Barometro Natura, si tratta complessivamente di ben 27.732 siti riguardanti 789.868 chilometri quadrati terrestri e di ben 444.446 chilometri quadrati marini.

Il percorso di formazione delle zone

Nel rispetto delle due direttive europee e della complessità delle conoscenze scientifiche, le due tipologie di zone hanno percorsi di costituzione differenziati; più semplice per le Zps, più articolato per le Zsc.

L’individuazione delle Zone di protezione speciale. Il percorso per il riconoscimento delle Zone di protezione speciale ai sensi della direttiva Uccelli selvatici, di competenza in Italia delle Regioni e delle Province autonome, è stato relativamente breve, limitandosi alla comunicazione da parte dei citati Enti al Ministero dell’Ambiente, alla successiva verifica su completezza e attendibilità dei dati, nonché alla trasmissione alla Commissione europea.

L’individuazione delle Zone speciali di conservazione. Più articolato e prolungato nel tempo è stato il percorso di riconoscimento delle Zone speciali di conservazione essendo suddiviso in tre fasi, di cui la prima riguardante l’individuazione da parte degli Stati membri (in Italia sono competenti le Regioni e le Province autonome, in sintonia con il Ministero dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare) dei Siti d’importanza comunitaria proposti (in sigla pSic), cioè gli ambienti comprendenti habitat e specie elencati negli allegati I e II della direttiva. È stata poi la volta della Commissione europea, che esaminate le liste nazionali ha approvato gli elenchi dei Siti d’importanza comunitaria, uno per ogni regione biogeografica, cioè Alpina, Boreale, Atlantica, Continentale, Pannonica, Steppica, del Mar Nero, Macaronesica (cioè riferita agli arcipelaghi di isole dell’Oceano Atlantico settentrionale situati al largo delle coste africane) e Mediterranea. In particolare, l’Italia è costituita da tre regioni biogeografiche: Alpina, Continentale e Mediterranea. Infine, la terza fase, tuttora in corso, vede gli Stati membri impegnati a designare le Zone speciali di conservazione (Zsc) entro il termine massimo di sei anni dall’approvazione dei Sic (Siti d’importanza comunitaria). Trattandosi di un percorso ancora in atto, tutti i documenti e gli elenchi nazionali e dell’Unione europea fanno riferimento sia ai Siti d’importanza comunitaria che alle Zone speciali di conservazione.

La sovrapposizione delle zone

Tra le due tipologie di zone esiste un’ampia sovrapposizione, come si può facilmente percepire dai seguenti dati. Le aree terrestri della direttiva Habitat si estendono, sempre secondo Barometro
Natura, per 603.866 chilometri quadrati, mentre le Zps terrestri occupano 539.895 chilometri quadrati. Ebbene, la loro estensione complessiva si assesta, come si è detto, attorno ai 789.868 chilometri quadrati, un dato ben inferiore alla somma delle due superfici, proprio perché esiste un’ampia sovrapposizione di territori, che sono contemporaneamente Sic/Zsc e Zps. La stessa sovrapposizione si verifica per le aree marine, nelle quali i Sic/Zsc occupano la superficie di 362.211 chilometri quadrati, le Zps si estendono per 208.859 chilometri quadrati, ma la loro somma si limita a 444.446 chilometri quadrati.

Le specie di flora e fauna protette e tutelate

Nei territori dei 28 Stati membri sono protetti, in vari modi e gradi, oltre 1.000 specie animali e vegetali, nonché 200 tipi di habitat. Quest’ultimi sono riferiti ai tipi costieri e a vegetazioni adatte a suoli ricchi di sali, alle dune marittime e continentali, agli habitat d’acqua dolce, alle formazioni erbose naturali e semi-naturali, alle torbiere, agli habitat rocciosi, alle grotte e alle foreste. Sempre
per esemplificare in ambito italiano, tra gli animali si possono citare il lupo e l’orso bruno, che molto fanno preoccupare gli allevatori di montagna per i danni a greggi e mandrie, ma anche la foca monaca mediterranea, la tartaruga comune, il camoscio d’Abruzzo, il tritone italiano, la salamandra di Aurora, la trota marmorata. Mentre tra gli insetti compaiono, tra gli altri, il cervo volante, la falena dell’edera e il cerambice della quercia; tra i vegetali il narciso ciclamineo e quello trombone, il velo da sposa del Garda, la silene delle Eolie e quella vellutata, la salicornia veneta (apprezzata
nella cucina del passato), la genziana ligure, il lino delle fate, il dente di leone siciliano, diffuso nell’isola come l’astro di Sorrentino.

Le fonti di finanziamento di rete Natura 2000

Le potenziali fonti di finanziamento di Rete Natura 2000 sono rappresentate dai Fondi strutturali, come il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), il Fondo sociale europeo (Fse), lo Strumento
finanziario di orientamento della pesca (Sfop), la Politica agricola comune attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga) e il Fondo europeo per lo sviluppo rurale (Feasr), che comprende anche l’iniziativa Leader + (che sostiene lo sviluppo locale delle zone rurali). Altre iniziative comunitarie a sostegno di Rete Natura 2000 sono Interreg (programma del Fesr per la cooperazione tra regioni europee) e Life + (strumento finanziario per realizzare il sesto programma per l’ambiente).

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